Italiani, pochi soldi tanta salute…almeno così si dice

Non sono solo i 300 miliardi di euro, se non di più, di sofferenze bancarie e le angustie dei vari opinionisti sui giornali ad attirare le nostre attenzioni in questi giorni.

A catturare il nostro interesse anche le sofferenze delle famiglie italiane, sempre più alle prese con spese che non riescono più a fronteggiare.

Bollette non pagate (luce, acqua e, soprattutto gas), spese condominiali inevase. Un dato sempre più preoccupante, di cui non si conosce la dimensione esatta, e in crescita esponenziale che riguarda anche il mondo degli affitti e dei mutui.

Relativamente a questi ultimi, tra novembre 2010 e dicembre 2016, il Fondo di solidarietà per l’acquisto della prima casa costituito dal ministero dell’Economia e delle Finanze ha consentito a 37.312 famiglie in difficoltà economiche di sospendere per 18 mesi il pagamento delle rate del proprio mutuo, per un controvalore di oltre 3,5 miliardi di euro di debito residuo, che ha comportato ad oggi un impegno per lo Stato di oltre 50 milioni di euro ponendo un argine ad una situazione che stava degradando e che non è stata pienamente superata. Un crash che penalizza anche le banche, i cui bilanci risentono in via indiretta della crisi delle famiglie, toccate queste nel loro bene supremo: la casa.

Un concentrato distorsivo dagli effetti devastanti che ha colpito il valore degli immobili e la ricchezza delle famiglie, che per via della crisi hanno visto precipitare le proprie entrate, le proprie credenziali economiche e, nel contempo, hanno subito un aumento delle spese, a partire da quelle energetiche.

Un dato tra i tanti: sono in tutto 500 mila i debitori, famiglie ed aziende sparse per tutta l’Italia che hanno accumulato bollette insolute a fronte dell’erogazione di luce e gas per un valore, secondo l’Unirec (l’associazione nazionale dei recuperatori di crediti) solo nel 2015, ultimo anno disponibile, di 6,4 miliardi di euro.

Ma non è il solo allarme sistemico che ci deve preoccupare sulla reale tenuta dei bilanci familiari. Una recente ricerca riportata dalla agenzia AdnKronos evidenzia come, in Italia, mediamente la metà dei contratti di affitto non venga pagata regolarmente. Locatari in difficoltà ma anche proprietari di immobili affittati, che, non percependo la pigione, si trovano in difficoltà, sia nei confronti dell’Erario sia, per sensibilità sociale, nei confronti degli stessi locatari, rimandando gli atti di sfratto.

Come non bastasse, torna a crescere l’inflazione con la soddisfazione degli economisti mentre gli stipendi dei dipendenti e dei pensionati “stagnano”, zavorrando irrimediabilmente una reale ripresa dei consumi.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat in merito alle retribuzioni contrattuali, elaborati dall’Adnkronos, negli ultimi sei anni gli stipendi regolati dai CCNL sono aumentati solo del 7,1%, anche se con notevoli differenze tra settore e settore. Si pensi soltanto al settore del pubblico impiego che ha visto bloccate le proprie retribuzioni dal 2010.

Fortunatamente (sigh!) tra bassi stipendi, alti livelli di disoccupazione (soprattutto giovanile) e pensioni sempre più inadeguate, a sostenere i bilanci delle famiglie ci pensano le donne.

Un milione di famiglie tra i 26 milioni di nuclei familiari censiti nel nostro Paese, trova nelle donne l’unica fonte di produzione del reddito.

Le tabelle dell’Istat aggiornate al 2016 ci dicono infatti che sono circa 970 mila le famiglie con o senza figli dove la donna risulta occupata a tempo pieno o part time, mentre tutto il resto dei componenti è inattivo o comunque fuori del mercato del lavoro.

Allora, se a questo milione aggiungiamo l’altro milione di famiglie dove nessuno dei componenti del nucleo risulta essere attivo sul mercato del lavoro, i bassi livelli degli stipendi e delle pensioni, cominciano ad essere più chiari le cause di un fenomeno che vede gli italiani in difficoltà nel pagamento del condominio, degli affitti dei mutui o delle utenze domestiche.

Ci scusino gli analisti, gli economisti, gli opinionisti e tutti gli altri: ma non si compra o non si paga non per scelta ma perché non si dispone più del denaro sufficiente!

Non si può coniugare concettualmente una economia basata su alti livelli di consumo, a fronte della scarsa competitività economica delle famiglie italiane.

In fondo chi di noi avrebbe quella faccia tosta di chiedere ad una utilitaria prestazioni da supercar?

Non si può affermare, come qualche esperto ha dichiarato, che il rallentamento dei consumi sia il frutto delle paure nel domani degli italiani: con queste analisi non riprenderanno mai a crescere i numeri della nostra economia, mentre presumibilmente aumenterà il numero degli italiani in difficoltà e/o insolventi.

E, passateci la tragica battuta, viene da sorridere amaramente se pensiamo ai 19 milioni di nostri connazionali che hanno problemi con i denti: in un caso su quattro hanno perso almeno otto denti e di questi il 27% non è intervenuto per mancanza di denaro a rimettere gli elementi mancanti.

Fortunatamente, a rischiarare questa fosca previsione arriva la solita ricerca consolatoria: il Belpaese risulta tra 163 paesi analizzati ad essere il primo classificato, anche se in condivisione con la Svizzera e l’Islanda, per i livelli di salute goduto dai propri cittadini.

Insomma tirare la cinghia aiuta la salute ma, pensando agli italiani a quelli poveri ed a quelli senza denti da ridere… c’è ben poco!